Stamattina siamo partiti alle 7,00 da Johannesburg, il nostro hotel era nella zona dell’aeroporto e quindi siamo già nella direzione giusta e siamo vicini alla highway che dobbiamo prendere.

Ci dirigiamo verso Pretoria percorrendo un’autostrada a quattro corsie; se non fosse per qualche acacia a bordo strada, faremmo fatica a capire di essere in Africa; non vediamo l’ora che il paesaggio diventi un po’ più wild.

Attraversiamo Pretoria e da qui in poi la strada, la N1, diventa a due corsie e il traffico scompare; dopo un centinaio di chilometri a bordo strada inizia a vedersi un po’ di Africa vera: banchetti che vendono verdura, carretti trainati da muli, donne con i bambini sulla schiena, ogni tanto passa un’auto con la musica a tutto volume, insomma quella confusione che a noi piace tantissimo e che ci mette allegria.

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Arrivati a Mokopane, l’unica cittadina che abbiamo trovato finora, lasciamo la N1 e svoltiamo a sinistra e prendiamo la N11, che ci porterà direttamente al confine con il Botswana; da qui sono circa 130 km ma la strada è in buone condizioni.

Il posto di confine dove siamo diretti si chiama Martin’s Drift, o almeno così è indicato sulle cartine, ma i cartelli stradali non lo riportano, mentre vediamo solo le indicazioni per Groblers Bridge ci chiediamo come mai; tanto noi controlliamo dove ci troviamo su Tracks4africa e quindi siamo tranquilli che stiamo andando nella direzione corretta.

Non siamo mai entrati in Botswana da questa parte quindi per noi questa strada è una novità.

Quando arriviamo finalmente al confine, sbrighiamo velocemente la pratica di uscita dal Sudafrica; non c’è nessuno, solo noi e alcuni camion, che però hanno un passaggio riservato, poiché devono sdoganare le merci.

Risaliamo in macchina e finalmente capiamo perché i cartelli indicavano Groblers Bridge, perché, subito dopo la dogana c’è un ponte di cemento bianco ad archi che passa sopra il fiume Limpopo che, in questo punto, segna il confine naturale e politico tra Sudafrica e Botswana.

Arriviamo dall’altra parte del fiume e parcheggiamo in prossimità dell’ufficio della dogana e dell’immigrazione del Botswana.

Entriamo e sbrighiamo subito le formalità dell’ingresso nel paese, pensiamo di aver quasi finito e di poter ripartire quasi subito, ma manca ancora il pagamento del fee d’ingresso, che il Botswana ha istituito dal 1° maggio 2017.

C’è una coda di una ventina di persone allo sportello dove si effettua il pagamento, la coda prosegue con una lentezza africana; ci siamo noi, altri due ragazzi italiani, credo emiliani, che viaggiano in moto, un sudafricano che, per lavoro, sta andando al Khama Rhino Sanctuary, dove siamo diretti anche noi, e alcuni camionisti dello Zambia e dello Zimbabwe che, molto probabilmente sono partiti dal porto di Durban in Sudafrica e stanno tornando nei loro paesi di origine con il carico.

Perdiamo circa un’ora e questo non ci voleva perché, anche se ci eravamo tenuti un po’ di margine in termini di tempo, adesso dobbiamo correre per arrivare prima del buio.

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Da qui Serowe e il Khama Rhino Sanctuary distano circa 140 km, il gate chiude alle 19,00, quindi non è quello il problema, il fatto è che dobbiamo arrivare con la luce.

Guidare con il buio in Africa non è raccomandabile, poiché non ci sono luci stradali, e quindi non si vedono le persone e gli animali che si trovano a bordo strada o, peggio, che attraversano; quindi è sempre meglio evitare.

Alla fine riusciamo ad arrivare al gate alle 18,00, facciamo check-in; siamo al campsite n°8; percorriamo una strada di sabbia lunga circa 1,5 km e arriviamo alla nostra piazzuola, c’è ancora un po’ di luce, quello che basta per capire che lo scenario è spettacolare, domani faremo un bel po’ di foto.

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Stasera siamo cotti e non abbiamo voglia di cucinare, abbiamo percorso 650 km e abbiamo viaggiato per 10 ore, quasi senza sosta; quindi andiamo a ristorante della riserva, ci mangiamo una succulenta bistecca di manzo grigliata e poi, a bordo del nostro fuoristrada, torniamo alla nostra piazzuola.

Quando spegniamo i fari della macchina, l’unica luce è quella della luna che fa risaltare il profilo nero dei baobab, che meraviglia.

Scendiamo, apriamo il tetto per far uscire il letto ed entriamo nell’abitacolo posteriore, ci prepariamo per la notte e saliamo sul letto; che emozione dormire qui, in questi mesi abbiamo aspettato tanto questo momento, non è la prima volta che facciamo camping in Africa, ma è la prima volta con la nostra macchina.

Buona notte!