L’Ecosistema del Grande Masai Mara si trova nel cuore delle terre del popolo Masai e qui, più che altrove, questo popolo seminomade di allevatori, che è migrato in queste terre nel XVIII secolo dall’odierno Sud Sudan, si è trovato a dover fronteggiare una serie di vicissitudini che li ha portati a modificare in parte le loro attività economiche.
 
In passato i Masai vivevano esclusivamente dei proventi del loro bestiame e praticavano un’agricoltura limitata alla sussistenza, si spostavano spesso cercando nuovi pascoli per i propri animali e costruivano dei recinti per proteggerli.
 
Durante il periodo coloniale ai Masai fu fatto divieto di condurre il bestiame in alcune aree per cercare di proteggerle dallo sfruttamento dei pascoli; inoltre i Masai furono suddivisi in clan e ad ognuno di questi furono date delle terre per il bestiame.
 
Dopo la seconda metà del XX secolo i Masai si sono spinti più a sud con le loro mucche, fino ai confini della Riserva Nazionale del Masai Mara, in seguito all’aumento dei terreni coltivati più a nord e grazie anche all’opera di disboscamento, delle terre a sud, dei cespugli di acacia dove prolificavano le mosche tze tze, che in passato costituivano una minaccia per il bestiame dei Masai.
 
Successivamente il governo del Kenya ha cercato di limitare il nomadismo suddividendo ulteriormente le terre Masai e riconoscendone la proprietà ai singoli nuclei famigliari e non più ai clan; questo, se da un lato ha ottenuto in buona parte l’effetto desiderato di maggior stanzialità, dall’altro ha incrementato la costruzione di barriere per gli animali selvatici poiché molti hanno iniziato a cintare le proprietà.
 
Si sono verificati anche episodi violenti nei confronti degli animali selvatici che hanno attaccato il bestiame dei Masai e il bestiame stesso, brucando, danneggiava la flora selvatica della zona; un altro problema era costituito dalla presenza dei villaggi e dei recinti delle coltivazioni di sussistenza dei Masai che costituivano una barriera alla libera circolazione degli animali selvatici in queste terre.
 
La costituzione delle riserve private e delle aree di conservazione, dal 2005 ad oggi, ha ridotto in parte il problema poiché i Masai, che sono i proprietari delle terre, hanno, di comune accordo con gli amministratori delle riserve, rimosso i villaggi dalle aree delle riserve private e non vi conducono più il bestiame, questo per consentire alla vegetazione di rigenerarsi e tornare allo stato primario e per lasciare lo spazio libero agli animali selvatici che superano i confini della Riserva Nazionale del Masai Mara; hanno invece a loro disposizione le aree di conservazione dove hanno costruito i loro villaggi e dove tengono il loro bestiame.
 
In cambio di questo impegno, in virtù del fatto che le terre sono di loro proprietà, le riserve private pagano loro un affitto per l’utilizzo esclusivo delle terre; inoltre parte dei ricavi derivanti dal turismo vengono investiti dalle riserve stesse per il miglioramento delle condizioni di vita della comunità Masai sotto diversi punti di vista.
 
Inoltre la maggior parte dei lodge e dei campi tendati presenti nelle riserve private e nel Masai Mara da lavoro ai Masai dei villaggi che vengono impiegati come guardiani o come camerieri, dando loro uno stipendio che contribuisce a migliorare il loro tenore di vita; alcuni di loro, grazie alla loro esperienza di vita in savana e alla formazione ricevuta, sono diventati esperte guide safari e manager presso lodge e nei campi tendati.
 
Infine molti turisti si recano a visitare i villaggi per scoprire lo stile di vita tradizionale di questo popolo, oltre al pagamento dell’ingresso, spesso i visitatori acquistano monili e accessori colorati realizzati dalle donne del villaggio e per i quali i Masai sono tanto famosi nel mondo.
 
Tutto questo ha contribuito all’incremento di guadagni e relativo miglioramento delle condizioni di vita dei Masai che abitano in queste terre, diventando la prima loro fonte di reddito.
 
Quindi, nonostante il bestiame resti comunque il centro delle loro attività, non solo per motivi economici, ma, anche e soprattutto, per motivi legati alla tradizione, alla religione e poiché rappresenta un simbolo di potere e ricchezza, si può affermare che i Masai abbiano cambiato in parte le loro attività a scopi di lucro; questo sicuramente ha avuto un effetto positivo sulla conservazione della natura e degli animali selvatici, perché quest’ultimi hanno iniziato ad essere visti dai Masai non più come un problema ma come una fonte di reddito.
 
Nonostante questo però accadono ancora episodi di intolleranza da parte di alcuni Masai nei confronti degli animali selvatici.
 
Succede a volte che i leoni attacchino una mucca Masai per cibarsene, purtroppo è accaduto spesso che i Masai abbiamo avvelenato la carcassa della mucca con il preciso intento di uccidere i leoni colpevoli; cosi facendo però, oltre a commettere un crimine uccidendo questi meravigliosi felini, uccidono anche altri animali, soprattutto saprofagi, che si cibano solitamente di carogne, come le iene, gli sciacalli e gli avvoltoi, creando così un danno enorme e causando la perdita anche di esemplari di animali appartenenti a specie a rischio di estinzione o criticamente minacciate.