Ci troviamo a Man in Costa d’Avorio, la giornata di oggi è dedicata all’esplorazione dei dintorni, inoltre assisteremo a una danza dei Guéré.

Dopo colazione partiamo in direzione ovest, verso il confine con la Liberia; la strada non è delle migliori, è piena di buche che, probabilmente, si sono formate con le piogge.

Lungo la strada non c’è nulla, a parte qualche villaggio e una vegetazione lussureggiante; ci impieghiamo circa 2 ore per raggiungere la cittadina di Danane, che dista circa 80 km da Man.

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Danane è poco più di un villaggio, qui si trova un mercato locale molto animato, probabilmente la gente giunge qui dai villaggi presenti nei dintorni e da oltre il confine; vediamo infatti diversi pulmini collettivi che sono diretti nella capitale della Liberia, Monrovia, sono stracarichi di gente e di merci.

Superata Danane imbocchiamo una strada sterrata, è stretta e immersa nella vegetazione; è bellissima.

Poco dopo arriviamo al villaggio di Vatuo e scendiamo dalla macchina; in un attimo veniamo circondati da bambini e da donne che ci chiedono foto, che ci guardano e si avvicinano per toccarci, mi sa che da queste parti vedono ben pochi turisti.

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Attraversiamo il villaggio e, man mano che procediamo, la gente che ci segue aumenta, è un vero assalto; sono semplicemente curiosi, qualcuno prova a scambiare due chiacchiere ma in pochi parlano francese e in pochissimi l’inglese, solo qualche bambino che va a scuola da queste parti.

Arriviamo sulla sponda del fiume Cavally, questo fiume è rinomato poiché, per collegare le due sponde, sono stati costruiti una serie di ponti di liane.

Questi ponti di liane sono considerati sacri dagli Yacuba, la leggenda narra che gli iniziati si recano nella foresta e, per una settimana, raccolgono le liane necessarie per costruire il ponte, poi, in una sola notte, lo spirito costruisce il ponte utilizzando quelle liane.

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In questo villaggio si trova uno dei pochi ponti di liane sopravvissuto alle alluvioni che ci sono state durante l’ultima stagione delle piogge; il fiume è largo circa 15 metri e il ponte collega le due sponde.

Il ponte non parte al livello della sponda sabbiosa, altrimenti rischierebbe di finire in acqua nella parte centrale, dove il ponte, sotto il peso dei passanti e in seguito alla flessuosità delle liane, è incurvato verso il basso; perciò è stata costruita una scala in legno, in cima alla quale è connesso il ponte.

Il ponte è considerato sacro, proprio perché è stato costruito dallo spirito, quindi bisogna percorrerlo scalzi e senza masticare i chewing-gum.

Loro percorrono il ponte, da una sponda all’altra, con una certa nonchalance, le donne portano anche pesi sulla testa o bambini sulla schiena; ma in realtà è tutt’altro che facile.

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Innanzitutto noi, a differenza loro, non siamo abituati a camminare scalzi e, sia il legno della scala sia le liane, sono dure, ruvide e nodose, inoltre il ponte ad ogni passo oscilla, la superficie calpestabile è davvero stretta e le pareti sono parzialmente aperte.

Io decido di rimanere sulla sponda a scattare fotografie, mentre Silvan parte all’avventura; mentre lui lentamente raggiunge l’altra sponda del fiume, io scatto foto sia a lui sia ai bambini e alle donne che sono corsi lì a guardarci, non siamo gli unici visitatori del villaggio e alcuni attraversano il ponte, mentre altri passano come ho fatto io.

Quando tutti gli avventurieri fanno ritorno e si rimettono le scarpe, siamo pronti per andare; ma, una volta raggiunte le case del villaggio, ci fanno accomodare in una veranda.

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Quella è la casa del Capo del Ponte, lui è responsabile del ponte, del suo mantenimento e della sua sacralità.

Inizialmente non abbiamo compreso perché fossimo lì, pensavamo fosse un gesto di ospitalità o che volessero raccontarci qualcos’altro in merito alle loro tradizioni; ma la nostra guida ci dice che qualcuno degli ospiti ha commesso un sacrilegio ed è salito sul ponte con le scarpe.

Ovviamente non siamo stati noi, siamo molto rispettosi delle tradizioni e delle credenze altrui, è stato qualcuno degli altri turisti, ma il Capo del Ponte e il Capo del Villaggio hanno ritenuto necessario fermare tutti quanti per discutere dell’accaduto.

In pratica hanno fatto una specie di processo in diretta con il Capo del Ponte che parlava solo nella lingua locale, il Capo Villaggio che traduceva in francese alle guide e le guide che traducevano a noi e viceversa; sembrava di giocare al telefono senza fili.

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Tutto il villaggio si è radunato per assistere, per noi forse sembra un po’ una assurdità ma per loro è una cosa molto seria e grave, quindi discutono animatamente; in realtà è come se un individuo entrasse in una nostra chiesa e commetta un atto osceno.

Inizialmente ci dicono che chi ha compiuto il sacrilegio deve lasciare le scarpe incriminate al villaggio poi la loro guida riesce a trattare e alla fine pagano una multa di 10.000 CFA, circa 15€, che per noi non sono nulla ma per loro sono tanti soldi.

I turisti incriminati si scusano con noi per l’accaduto, ma in realtà a noi ha divertito assistere al processo, è stato anche molto interessante, anche se il tutto è durato quasi un’ora.

Torniamo alla nostra auto e facciamo ritorno a Man, andiamo a pranzo in hotel e ci rilassiamo un po’ in piscina fino a quando, nel tardo pomeriggio, usciremo di nuovo.

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