Credo che a tutti noi è capitato di vedere in un film o letto in un libro la storia avvincente di un avvocato che lotta per salvare un innocente, finito ingiustamente nel braccio della morte. 

Qui però non siamo nella trama di un legal bestseller ambientato in Texas ma, purtroppo, siamo nella realtà; l’avvocato è un ambientalista e gli imputati sono due inconsapevoli e innocenti leoni: Mufasa, un bellissimo esemplare di leone bianco, e Soraya, la sua leonessa. 

Questi due meravigliosi felini sono nati negli allevamenti intensivi di leoni che si trovano in Sudafrica, in questi luoghi i cuccioli vengono strappati alle madri per diventare attrazioni turistiche; purtroppo molti turisti, che non conoscono la realtà che gravita dietro a questi luoghi, pagano per interagire con questi leoncini, credendo di sovvenzionare la conservazione, non sanno invece che finanziano una delle industrie più crudeli del continente africano.

Questi leoni, una volta diventati adulti, non sono più a contatto con i turisti, ma vengono destinati alla “caccia da trofeo” e, successivamente, le carcasse vengono vendute per la produrre il vino di ossa di leone, un prodotto molto richiesto in Asia; un destino triste e agghiacciante per questo poveri animali e tutto questo avviene nel silenzio omertoso di molte realtà che traggono profitti elevati da tutto questo.

Ma veniamo alla storia di Musafa e Soraya.

Nel 2015 una veterinaria ha salvato questi due cuccioli, che erano in condizioni disperate, li ha curati nel suo centro di riabilitazione per grandi felini, che si trova nella provincia sudafricana del Gauteng e, successivamente, la veterinaria decise di avviare un procedimento per non salvare loro la vita e per liberarli in un santuario, dove possano vivere serenamente come due leoni dovrebbero fare .

Ma quando Tjitske, la veterinaria, presenta la domanda alle autorità, per ottenere i permessi per il trasferimento, il Dipartimento dell’Agricoltura, che aveva effettuato il sequestro iniziale dei cuccioli e li aveva affidati alle sue cure, realizza che il leone maschio non è più un leoncino malconcio e denutrito come tanti altri, ma è diventato un bellissimo esemplare adulto di leone bianco. 

Il valore di questo esemplare, come trofeo di caccia, è molto alto, così come le sue ossa potrebbero fruttare molti soldi per la produzione del vino di ossa di leone; le casse del Dipartimento dell’Agricoltura, inoltre, minate dalla corruzione e dall’inefficienza, hanno sempre bisogno di entrate.  

Il Dipartimento dell’agricoltura sudafricano quindi decide di bloccare l’emissione dei permessi e richiede indietro il leone maschio.   

Tjitske però, si rifiuta di restituire Mufasa, avrebbe significato condannarlo a morte, e si rivolge ad un avvocato ambientalista, sostenendo che i due leoni erano stati affidati alle sue cure dopo un sequestro e non semplicemente “parcheggiati” nella sua struttura.

Carel, l’avvocato che segue questo contenzioso, è un legale che si occupa principalmente di reati ambientali ed è un appassionato difensore dei diritti de gli animali; Carel ha preso subito a cuore la storia di Mufasa ed inizia la sua battaglia legale senza precedenti dichiarando “Il mio cliente è un animale selvatico che terminerà la sua vita da leone e non come trofeo”. 

Carel avvia una campagna internazionale di sensibilizzazione e decine di celebrità e personaggi influenti si uniscono a questa battaglia; molti santuari del Sudafrica si fanno avanti per offrire la propria struttura come casa definitiva per Mufasa e Soraya, che sono inseparabili.

Viene lanciata una petizione per raccogliere le firme; in poco tempo fa il giro del mondo e vengono raccolte oltre 360.000 firme.

Se anche tu vuoi firmare la petizione per Mufasa il leone bianco, clicca qui.

Donatori internazionali si fanno avanti e offrono cifre per coprire le spese legali, ma a quel punto Carel, invece di accettare il pagamento come sua parcella, decide di devolvere la cifra raccolta per l’acquisto dei due leoni. 

Il Dipartimento dell’Agricoltura sudafricano, infastidito della cattiva pubblicità, nei suoi confronti, derivante da questa campagna, e, soprattutto, dell’attenzione internazionale che questo caso sta attirando sull’industria degli allevamenti di leoni e sulle crudeltà legate al commercio di ossa da vino, rifiuta di vendere i due leoni. 

Il processo, per risolvere definitivamente questa questione, è previsto per marzo 2019. 

Molti paesi stanno parlando di questa vicenda e anche in Italia è stato aperto un gruppo Facebook per seguire questo caso e per sensibilizzare l’opinione pubblica. 

Potete trovare il link del gruppo Facebook dedicato a Musafa, il leone bianco qui.