Il popolo Hambukushu o Bukushu ha origini bantu, le sue genti si spostarono verso sud dall’Africa Equatoriale e si stabilirono in Botswana, inizialmente nella zona dell’attuale Parco Nazionale di Chobe e, in seguito, nell’area del Delta dell’Okavango.

Il delta rappresentava il luogo ideale dove insediarsi, per via delle sue acque più profonde e delle alluvioni periodiche, essendo gli Hambukushu un popolo di pescatori e agricoltori.

Le acque garantivano una buona pesca mentre le aree più a sud, meno interessate dall’alluvione stagionale, erano perfette per l’agricoltura.

Oggi vivono principalmente in Ngamiland, il Delta dell'Okavango, in Botswana e in parte

nella Namibia settentrionale e nel sud dell'Angola; piccoli gruppi di Hambukushu sono presenti anche nello Zambia sud-occidentale.

Gli Hambukushu praticano un'agricoltura di sussistenza che si basa sulla coltivazione di mais, zucche, cocomeri e canna da zucchero; praticano inoltre anche l’allevamento, ma la pesca è la loro principale occupazione.

Per spostarsi lungo i canali e i fiumi gli Hambukushu utilizzano il mokoro una canoa tipica del delta ricavata da un tronco d’albero, solitamente di ebano; ma, a differenza delle altre popolazioni, sono soliti remare stando seduti all’interno dei mokoro, mentre solitamente questo tipo di imbarcazione viene condotto rimanendo in piedi sull’estremità posteriore della canoa.

Grazie al loro forte legame con l’acqua gli Hambukushu sono considerati gli “uomini della pioggia” dalle etnie limitrofe che ritengono i riti della pioggia da loro praticati i responsabili delle alluvioni del delta.

Le donne Hambukushu sono famose per la realizzazione di cestini intrecciati, i cestini, molto elaborati, vengono realizzati in fibra di palma e poi vengono tinti con colori estratti dalle radici o dalla cortecce degli alberi, in modo da ottenere diverse tonalità di marrone, arancia e crema.

La grande varietà di forme e dimensioni di cestini riflette i molteplici utilizzi per i quali vengono prodotti; alcuni cesti enormi vengono utilizzati per conservare le granaglie, altri, molto più piccoli ma tessuti molto finemente, servono per contenere la birra prodotta localmente.

Le donne realizzano anche cesti che hanno la forma di grossi coni, questi vengono utilizzati per pescare, intrappolando i pesci al loro interno.

L’organizzazione sociale è semplice, solitamente c’è un capo villaggio che prende le decisioni sul bene comune e, nello svolgere questa attività, viene aiutato dagli altri membri della famiglia.

Il contatto con gli europei avvenne solo ai primi del 1900 con i missionari tedeschi che giunsero in queste terre; poi, verso la metà del 1900, alcuni Hambukushu furono portati in Sudafrica per lavorare nelle miniere.

La loro lingua è caratterizzata dalle consonanti a clic, chiamata Mbukushu o Thimbukushu; è una lingua bantu parlata da 45.000 persone lungo il fiume Okavango in Namibia, dove è anche una lingua nazionale, in Botswana, in Angola e in Zambia.

Gli Hambukushu credono in un’unica divinità che ha creato l’uomo e il bestiame e li ha calati sulla terra attraverso le colline di Tsodilo, luogo considerato sacro.

Altre credenze sono legate agli spiriti dei morti e ad un grosso mostro dalle sembianze di un serpente che abita le acque dei fiumi.

In epoca recente, nel 1969, la guerra civile in Angola ha costretto molti Hambukushu a scappare dalle regioni di guerra e a rifugiarsi in Botswana, qui sono stati accolti e vennero creati i villaggi Etsha, si trovano lungo il corso del fiume Okavango e ognuno ospita un clan.

L’ONU ha contribuito a salvare i rifugiati, che giungevano in Botswana senza averi e stremati dalla fame, vennero realizzati dei programmi di aiuti alimentari e di educazione su come coltivare la terra e sulle colture migliori da implementare.

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