Nei secoli sorsi, nella regione situata tra Abomey e Ouidah in Benin, è nato il vudù; questi riti vengono praticati ancora oggi e quasi l’80% della popolazione del paese professa questa religione e i feticheur del Benin sono molto potenti e molto rispettati.

In particolare i feticheur di Ouidah godono di grande fama e il Tempio dei Pitoni, nonostante le ridotte dimensioni, rappresenta uno dei luoghi più venerati ed ospita un feticcio considerato molto potente.

Proprio dal tempio dei Pitoni partono le celebrazioni del Festival del vudù che si tiene ogni anno il 10 di gennaio: Dagbo Houno, il sommo feticheur di Ouidah, dopo essersi recato al tempio e aver reso omaggio al feticcio, da il via alla processione che si svolge lungo la via degli schiavi e raggiunge la spiaggia, dove viene celebrato il festival.

Quasi 10.000 persone visitano Ouidah ogni anno per partecipare a questa festa, per gli adepti del vudù del Benin è un appuntamento immancabile, ma sono numerosi anche i nativi che vivono nelle Americhe, in particolare in Brasile e ad Haiti, che tornano nelle terre dei propri antenati per rivivere le pratiche culturali e tradizionali.

La festa annuale si svolge sulla grande spiaggia sull’Oceano Atlantico, dove si trova anche la Porta del Non Ritorno; proprio in questo luogo termina la lunga processione di adepti, che giungono qui con tutti i mezzi, a piedi, in moto, in taxi brousse e a bordo di lussuosi Suv.

Le delegazioni delle differenti “comunità” vudù, una sorta di “parrocchie”, giungono sulla spiaggia e rendono omaggio al “papa” del vudù e agli stregoni più potenti; il colore predominante nell’abbigliamento è il bianco, ma in molti vestono con abiti sgargianti o indossano maschere tradizionali.

Ogni gruppo suona, senza risparmiarsi, i tamburi cerimoniali, la gente balla e canta le danze tradizionali, mentre alcuni adepti cadono in trance, posseduti dagli spiriti invocati.

E’ una festa gioiosa che coinvolge tutti i presenti, le cerimonie e le maschere si alternano sul palco centrale, interrotte solamente dal discorso ufficiale del capo dello Stato; il momento più importante è quando il sommo feticheur recita una preghiera propiziatoria prima di sacrificare capre e polli sull’ altare.

Terminato il festival ufficiale in spiaggia, la festa continua in città, nelle piazze e nei cortili, dove si tengono cerimonie e rituali estemporanei; c’è anche un mercato dei feticci dove gli adepti si recano per comprare il necessario per celebrare i rituali.

Le maschere Egun, accompagnate da percussionisti, girano per le vie della città, senza una metà predefinita; queste maschere, riccamente decorate, nascondono completamente il volto di chi le indossa e vengono realizzate utilizzando tessuti molto pesanti, pelli e drappi dai colori sgargianti a cui vengono applicate tante conchiglie con cui vengono disegnati motivi geometrici, infine vengono cosparse di olio di palma.

Queste maschere rappresentano gli spiriti dei defunti e danno vita ad un curioso rituale che consiste nell’inseguire i presenti cercando di colpirli con un bastone, chi viene colpito riceve una sorta di maledizione, soprattutto i bambini ingaggiano lunghi inseguimenti con le maschere.

Il vodù è una religione molto complessa, con differenti scuole e che prevede diversi rituali e celebrazioni, affonda le sue radici nella superstizione e nella cultura tribale, ma non ha nulla o poco a vedere con il vodu che conosciamo dai film hollywoodiani dove viene identificato con strane pratiche di stregoneria e di magia nera.